Sono volato

Sono volato in un alito di vento, aprendo cancelli di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza. I guardiani delle costellazioni più vicine, hanno gettato un occhio su questa vecchia terra, osservando esseri fragili, dentro a sconfinate pianure di pianto. Il vento mi ha portato su una zolla di un campo appena arato e mi ha piantato, come si pianta una pianta di grano o un filo d’erba. Che d’altronde la differenza tra i due è esigua e sottile, come esigua sa essere la distanza tra l’odiare e l’amare, tra l’aria e il mare, il fuoco e la terra.
Le mani preziose di una contadina mi hanno curato, atteso, sostenuto. Mani sapienti, che sanno di pane e carbone, di farina macinata a mano, di grano che diventa ricchezza.
Mi ha parlato con la voce della terra, parole che non conoscevo ma che la mia essenza ha subito inteso. Mi ha bagnato con acqua di rupe, presa a coppe, quella che il cielo regala e la terra custodisce. Ha atteso il tempo della germinazione senza fretta, come sa fare chi conosce il ritmo del mondo e non teme l’attesa.
E così, un giorno, il vento è tornato. Mi ha sussurrato che era tempo di crescere, di svettare verso il cielo come una spiga matura, dorata dal sole e piegata dalla saggezza. Ho sentito il calore del giorno e il brivido della notte, ho visto il cielo cambiare mille volte colore e le stelle risplendere in silenzi inattesi.
Poi, quando la stagione ha fatto il suo corso, la contadina ha posato ancora su di me le sue mani antiche, ha tagliato il mio stelo, come si taglia una cosa preziosa. Non ero più seme, non ero più pianta. Ero pane, nel ciclo infinito della vita.

Pubblicato da Giuseppe Tecce

Scrittore di saggi e romanzi

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