Per un perduto amor

Fabrizio guidava senza una meta, quella sera. L’aria pungente dell’inverno invocava pietà a chi cercava riparo dal vento gelido che sferzava i visi temerari dei pedoni. Aveva preferito stare in macchina, girovagare come faceva di solito quando l’umore era stanco, brutto, e di restarsene a casa non aveva nessuna voglia. La routine era sempre quella: musica a palla, passo lento, piede leggero e nessuna meta. In quelle occasioni era accaduto, in passato, di essersi ritrovato finanche in Puglia. Lui sosteneva che la macchina andasse da sé e che il viaggiare lento, accompagnato dalla musica, gli permettesse di accordare i pensieri, di sintonizzarli su vibrazioni più alte. 

Quella sera aveva litigato per l’ennesima volta con Marilena. Ultimamente proprio non si capivano. Sembravano due bambini capricciosi, che, proprio, non riuscivano ad acchiapparsi. Più posato lui, più sbarazzina lei, tutto lavoro, amici e aperitivi lunghi. L’intesa si era affievolita, rimanendo pur sempre forte. I legami del cuore sono duri a morire; ti fanno soffrire, contorcere le budella, schiumare dalla bocca, restare insonni per intere notti, ma restano saldi, solidi, arpionati al cuore, seppure smossi dalla tormenta. 

Era seduto in macchina, quella sera,  ascoltando una canzone:

“Certo ci fu qualche tempesta

Anni d’amore alla follia

Mille volte tu dicesti basta

Mille volte io me ne andai via

Ed ogni mobile ricorda

In questa stanza senza culla

I lampi dei vecchi contrasti

Non c’era più una cosa giusta

Avevi perso il tuo calore

Ed io la febbre di conquista

Mio amore mio dolce meraviglioso amore

Dall’alba chiara finché il giorno muore

Ti amo ancora sai ti amo”

Gli occhi gonfi non gli permettevano di vedere più la strada, ma come in un film gli passò davanti tutta la loro storia, che la sua mente aveva racchiuso in un minuto o poco più. 

Il bello fu che, quella volta, la storia non la vide dal suo punto di vista, ma da quello di lei. Era come se fosse entrato dentro di lei, toccando con mano la sofferenza e la delusione che la devastavano. Vide tutto quello che lei aveva fatto per lui. Sentì il peso che si era caricata su di lei, la solitudine e la responsabilità di un figlio. Percepì la rabbia e la sua voglia di amare, ma anche un senso inspiegabile di rivalsa. Aveva visto se stesso, attraverso suoi occhi, e si era osservato mentre si atteggiava da padre e non da suo uomo. A tal riguardo, però, pensò, per essere in pace con la propria coscienza, che su quel comportamento, avesse giocato un ruolo importante la sua maggiore età ed esperienza, per cui quando l’aveva vista fare qualcosa di non corretto, aveva cercato di proteggerla e di evitarle inutili sofferenze, dimentico del fatto che tutti esseri umani sono fatti per sbagliare e per imparare dai propri errori. 

Non capiva come tutto ciò gli fosse accaduto, cosa avesse stimolato le corde più profonde del suo io, ma era accaduto e si radicò sempre più forte in lui la convinzione che lei fosse una donna forte e speciale, uno scricciolo tosto, nonostante tutte le sue fragilità, nonostante che si fosse chiusa a riccio per non far entrare più nessuna sofferenza. Quella chiusura, però, era avvenuta nel momento sbagliato, e se ne dispiacque. Tanti pensieri gli passarono per la testa: solo una settimana prima le aveva chiesto di andare a vivere insieme. Lei era rimasta confusa: chissà cosa le fosse passato per la mente, quale strano cortocircuito le si fosse attivato.

Lui, pronto a porre rimedio, tutt’al più, avrebbe potuto chiederle scusa per le sofferenze che aveva potuto, involontariamente, arrecarle e non poteva  far altro che ringraziarla per tutto ciò che gli aveva donato, a cominciare dai sorrisi. Non aveva più paternali da fare, Fabrizio, era tornato in sintonia con se stesso ed era lì fermo sotto la pioggia battente, ad attendere un suo sì. 

Fabrizio si accorse che quella sera non avrebbe potuto scappare più lontano di così, nemmeno se avesse voluto. Non era la macchina a portarlo via, ma la verità che lo tratteneva lì, sospeso in quel groviglio di pensieri e pioggia. Era nudo davanti al peso delle sue mancanze.

C’era una domanda che continuava a tormentarlo: “Quando avevo smesso di ascoltarla?” Si rese conto che il loro allontanamento non era stato il frutto di un evento improvviso, ma una lenta erosione. Incomprensioni, parole non dette, silenzi, avevano scavato un solco tra di loro.

Però, ascoltando quella canzone, rivedendo con occhi puri il passato, qualcosa si era rotto. Non aveva più dolore, ma consapevolezza: il loro legame sarebbe stato solido.

Decise che non poteva restarsene immobile. Abbassò il volume della musica, spense il motore e aprì la portiera. L’aria fredda lo investì in pieno. Si trovò a camminare sotto la pioggia, senza nemmeno sapere dove stesse andando. Aveva bisogno di sentire il terreno sotto ai piedi, la pioggia sul suo viso.

Arrivò sotto casa di Marilena senza nemmeno accorgersene. La sua figura gli apparve sfuocata dietro la finestra, illuminata solo da una luce calda alle spalle. Fabrizio sentì il cuore accelerare, avvolto dalla speranza, la stessa che lo aveva spinto fino a lì. Si fermò per un attimo, osservando quella scena e capì che non sarebbe bastato chiederle scusa, né tantomeno delle vane promesse di cambiamento. Doveva dimostrare che, quella volta, aveva davvero imparato.

Salì le scale con il battito che gli martellava le orecchie. Quando Marilena aprì la porta, sembrò sorpresa. Lui rimase lì, bagnato fradicio, senza parole. Poi, finalmente, parlò:

“Marilena, ho visto noi… come se fossi te. Ho sentito tutto, ogni ferita, ogni delusione che ti ho inflitto senza accorgermene. Non voglio darti altre promesse vuote, né dirti cosa dovremmo fare. Voglio solo che tu sappia che, qualunque cosa tu scelga, io sarò qui. Non come un padre, non come un giudice. Come il tuo uomo, se ancora me lo permetterai.”

Lei lo guardò; aveva gli occhi pieni di lacrime, che non erano di dolore. Era incredula e sorpresa per quella sincerità che aveva atteso per così tanto tempo. Non disse nulla, ma fece un passo verso di lui: il perdono, la paura, e quella scintilla che, nonostante tutto, ancora li teneva ancora insieme.

Pubblicato da Giuseppe Tecce

Scrittore di saggi e romanzi

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