I nostri paesi

Ho una teoria tutta mia in merito allo spopolamento dei nostri paesi. Credo che lo spopolamento e il ripopolamento siano dei fenomeni ciclici, che si rincorrono. Le cause dell’uno o dell’altro, nel corso della storia, sono state molteplici e spesso non riconducibili a volontà dei singoli, come nel caso di guerre, epidemie, calamità naturali, ecc. Oggi siamo in una fase di spopolamento, e credo che non debba essere forzato il fenomeno inverso. Esso accadrà in maniera naturale, quando le città avranno esautorato il loro ruolo e non saranno più attrattive. Non bisogna forzare nulla, ma bisogna attendere che tutto avvenga in modo naturale.
Vi lascio una prosa da me scritta qualche tempo fa, proprio sui paesi.
Ps: il paese nella foto è Cairano e, alle spalle, il lago di Conza.

I paesi respirano come respira il cuore della terra, si allargano, si stringono, poi emettono uno sbuffo di vapore, infine inspirano ancora. Non c’è nulla di strano in tutto ciò , è solo il respiro della terra. Spesso le case sono vuote. Vuol dire che chi le abitava è andato via: a volte si va via per piacere, per lavoro, spesso si va via per forza, con la chiamata dell’altissimo. Le case dell’inedia si rompono e per rimetterle in piedi ci vuole fatica e sudore. Oggi, le grida dei bambini sembrano un ricordo lontano e i paesi si sono trasformati in culle per anziane signore, che in una strana involuzione del destino ritornano a indossare i panni dell’infanzia, e questa volta, senza più memoria.
Non è stato sempre così: un tempo c’era un bambino per ogni giovane donna e un cane per ogni bambino. C’erano intere generazioni affollate in una casa. I gatti amoreggiavano sotto ai lampioni dalla luce gialla, mentre la ragazza lasciava all’angolo gli avanzi della casa. Il macellaio sbuffava per il troppo lavoro e il contadino alleggeriva le giornate con un buon bicchiere di vino e un pezzo di formaggio. Le vacche erano all’angolo delle strade e le case in pietra erano il perimetro di viali alberati, pieni di sedie e di voci.
Ma anche gli alberi, ogni tanto, perdono le foglie.
Così i paesi si spogliano piano piano,
restano le case vuote come gusci,
le strade silenziose come orfani.
Non c’è nulla di strano in tutto ciò:
è solo il respiro della terra, che fa posto al silenzio, per poi, forse, un giorno, ricominciare.

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Pubblicato da Giuseppe Tecce

Scrittore di saggi e romanzi

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