L’aria malinconica di agosto ci era entrata dentro, come faceva il vento quando attraversava le fessure delle case abbandonate. Il vento spalancava le porte, portando con sé la polvere, ma anche le voci, quelle fioche e antiche di chi abitava quei borghi. Sembrava che parlassero parole antiche, come superstiti di un tempo in cui le pietre erano talismani e di un tempo in cui tutte le figure custodivano in sé un dio minore. Noi le ascoltavamo senza capire, ma sentendo dentro che non erano destinate al silenzio. In quelle giornate scomparivano i confini e l’orizzonte, ma tutto diventava una soglia, e chiunque avesse avuto il coraggio di oltrepassarla avrebbe trovato l’altra metà del mondo, dove gli spauracchi non spaventavano più ma proteggevano, e dove il dolore si travestiva da leggenda per non farti a pezzi.
