L’Irpinia è una terra aspra, dura, un susseguirsi di valli e monti, spesso desolati, ma sempre legati alle corde dell’anima.

Terra di tradizioni contadine, legata ai ritmi della natura, all’incedere delle stagioni, ai simboli che sembrano usciti da un sogno arcaico: la volpe, il tasso, il falco, il lupo. E poi i pascoli, le greggi e le mandrie, la grande tradizione della transumanza.


Una terra che racchiude in sé tutto lo scrigno del sapere delle terre a Sud. Raccontarla è difficile, com’è difficile e a tratti diffidente è il carattere delle persone, di chi questa terra la cura da sempre e la custodisce, prima nel cuore e poi nella realtà.

Ci hanno provato artisti del passato, come De Sanctis, Manlio Rossi Doria, Guido Dorso, Osvaldo Sanini, e più di recente La Capria, Donzelli, VINICIO CAPOSSELA , Franco Arminio e anche io faccio del mio meglio per raccontarla per come merita, come luogo magico di natura ed esseri mitologici. Però ognuno la racconta a modo suo e a modo suo lo fa anche L’Osco Rabel, al secolo Raffaele Bertolini che realizza opere con i fanghi mortiferi della Mefite, e anche Rosa Bianco, che L’Irpinia la racconta con uno sguardo innamorato.

E a modo suo lo fa anche Luca Vernacchio che attraverso il suo occhio meccanico riesce a catturare l’anima profonda dell’Irpinia, con delle fotografie che superano la realtà, trascendendo in una dimensione onirica, dove tutto è possibile, anche contravvenire alle leggi stesse della fisica.

E allora, ti ritrovi personaggi che saltano l’infinito, o piegati come sarebbe impossibile dal vero, e alberi e punti di vista mai banali, di una terra che resta l’essenza del Meridione.

Anche il suo lavoro è prezioso, perché crea legami con il territorio, crea momenti di irrazionale ilarità che ti legano alla terra, e come più volte ho detto, dove c’è legame, c’è amore e se c’è amore c’è cura e quindi si ingenera quel vortice che è il contrario dell’abbandono. Le nostre terre esistono, sono reali, anche nei suoi scatti onirici.

(Tutte le foto sono di Luca Vernacchio)