Sei giunto nel luogo che procura visioni, che evoca anime trapassate (1000 anni fa o forse più). Ci sono luoghi che rinascono solo nelle nebbie del mattino o nei teneri bagliori della sera. Luoghi in cui Dio fa convegno con le vecchie donne, sagge di natura, con i capelli intrecciati di saggina, dritte contro il vento, come solo sanno esserlo coloro che sono dotate di spina dorsale.
Quello stesso Dio che sì è perso nei meandri degli sterrati, nelle righe consumate delle pietre, nei sospiri dei rospi e nei contorni irregolari delle pozzanghere. Dio stesso si è specchiato in una di esse, sopra la patina colorata della benzina, tra l’odore acre del petrolio e la luce diffusa del tramonto. Un lampione a intermittenza illumina un cane, vecchio, e sporco, dal pelo arruffato e lo sguardo opaco di chi ha visto troppe lune passare. Ha annusato l’aria che sapeva di pane raffermo e maggese, che di notte contava le anime rimaste a piedi sui bordi della strada. Teneva il muso duro e lo sguardo fisso, osservando i piccoli sotterfugi che portavano a mari di pensieri innocui e vacanti, sapendo distinguere bene la mano della carezza da quella del sasso.
Da dietro a una finestra, un fiammifero illumina un volto consapevole, stanco del vino, infastidito dalle pene, che preme sul vetro, stampando le rughe della sera sul filo dei ricordi. Li il viandante è divenuto stanziale, precipitando parole colorate su tele di piacere e ricordi senza fiato.
Ci sono luoghi dove il tempo non corre, si attarda sui gradini di pietra, si rifugia nei buchi delle serrature, aspetta che un piede sconosciuto lo risvegli dal torpore. Sono i luoghi delle voci basse, delle storie sussurrate tra le pieghe della notte, dei miracoli nascosti nei dettagli che solo gli occhi pazienti sanno cogliere.
E Dio? Dio che fine ha fatto? Lui è rimasto qui, intrappolato nella ruggine delle ringhiere, nel grido acuto del gufo, nel canto intonato del campanile, nel respiro del filo d’erba, nello sporco del selciato, nei filari dei pomodori, negli odori delle arature.
Dio si nasconde nel silenzio e nell’attesa, e forse aspetta che qualcuno lo riconosca, nel riflesso di una pozzanghera o nel latrato solitario di un cane dimenticato.
(Inedito tratto da “Breviario dei Racconti Brevi”)
