Le prime due recensioni, o impressioni, sul nuovo libro “Racconti dall’Irpinia”, mi sono arrivate e mi hanno dato felicità, perché l’intento di ogni scrittore è quello di carpire le sfumature dell’animo umano e pare che io abbia di nuovo colpito nel centro. La prima recensione arriva da Roma: “ovviamente il racconto del ciabattino è tratto da una storia vera?” No, rispondo io con tranquillità. Si tratta di un racconto ambientato in Irpinia, ma frutto della mia immaginazione. “Cavolo, credevo fosse una storia vera, considerata la dovizia di particolari. Mi sembrava di vedere davanti agli occhi quella bottega, con le donne che entravano e poi uscivano sospirando. Hai un modo di scrivere che ti porta direttamente nella scena. È impressionante“. La seconda recensione arriva direttamente dal cuore dall’Irpinia: “ho letto i primi racconti. Arrivata al racconto intitolato Il Canto del Castagno di Frigento, mi sono dovuta fermare. Mi è venuta la pelle d’oca, ed ho pianto. In quella storia ho rivisto la storia recente della mia vita, descritta come nessun altro aveva mai fatto. Perdonami, per ora non posso andare oltre, il pianto mi strozza la gola “.
Credo che entrare nei sentimenti delle persone e far in modo che qualcuno si immedesimi in ciò che hai scritto, sia il fine più alto cui ogni scrittore aspiri. Un libretto che apre uno squarcio su un territorio tanto magico quanto sconosciuto, ma, a questo punto, oserei dire anche sul mondo dei sentimenti, quali l’amore, la sofferenza, la paura, l’abbandono, la morte. Insomma, come mi disse un’altra cara amica qualche tempo fa: “un libretto che contiene in sé tutto il tuo mondo, e, di gran lunga, il più bello e il più maturo di tutti i tuoi libri, fino a questo momento”.
