IL RE DEI CONDIMENTI NELLA ROMA ANTICA
Il garum è giunto a Roma solo durante le guerre puniche. Prima di allora veniva già diffusamente prodotto a Cartagine e in Numidia, l’attuale Algeria. Il successo di questa salsa fu immediato e, a partire dal II sec. a.C., entrò trionfalmente nel ricettario della gastronomia romana. Ma cos’era? Le fonti che ne parlano sono numerose. Plinio scrive: «Un altro tipo di liquido pregiato, che chiamarono garon, è fatto con intestini di pesci e altre parti che di norma si dovrebbero buttare via, macerati nel sale, sicchè quello diventi la feccia di cose in putrefazione». E così prosegue: «Oggi il garum più pregiato si ottiene dallo sgombro negli allevamenti di Cartagine Spartaria: è chiamato garum dei Soci, con mille sesterzi se ne comprano quasi due congi. Nessun liquido, ad eccezione dei profumi, inizia ad avere prezzo maggiore». Anche la Mauritania e la Betica catturavano gli sgombri dall’oceano, e del buon garum veniva prodotto anche a Clazomene, Pompei, Leptis. Il geografo greco Strabone (circa 60 a.C. – circa 20 d.C.) conferma le informazioni di Plinio, scrivendo: “Vi è poi l’isola di Ercole appena dietro Cartagine, che è detta Sgombraria per la cattura degli sgombri, dai quali si ricava il garum migliore (…)». Non tutti però amavano questa salsa, come ci suggeriscono alcune fonti. Seneca in una lettera a Lucilio, lamentandosi degli eccessi alimentari, si accaniva contro il garum: «E quella salsa che viene dalle province, è il garum sociorum di cui parlava anche Plinio – preziosa poltiglia di pesci guasti, non credi che bruci le viscere col suo piccante marciume?»; il filosofo greco Platone (427 – 347 a.C.) lo definiva«putrido»; per Plinio era «feccia di cose in putrefazione»; Marziale in un epigramma lasciava intendere che il fiato del suo conoscente Papilo fosse davvero insopportabile, scrivendo: «C’era del profumo, contenuto poco fa in un vasetto d’onice; dopo che Papilo l’ha annusato, è diventato garum!» Il garum poteva divenire anche un digestivo, l’Oxygarum, la cui ricetta prevedeva anche pepe, segallica seli, cardamomo, menta secca, miele e aceto. Presumibilmente il garum doveva avere un deciso odore di pesce ed erbe aromatiche, nulla di più. Oggi potrebbe assomigliare alla colatura di acciughe di Cetara e al nuoc mam, una sorta di salsa di pesce in uso nel sud-est asiatico.
Tratto dal libro: Passioni e divertimenti nella Roma Antica
Fonti storiche:
Plinio il Vecchio, Naturalis historia libro XXXI, 43.
Strabone, Geografia, libro II, capo IV, 6.
Seneca, Epistulae ad Lucilium, libro XV, 95, 25.
Marziale, Epigrammi, libro VII, 94
