Così in Ljuba senza scarpe:
“Ljuba scese dall’albero, sul quale era salito per avvistare qualcosa , decisamente a proprio agio con i piedi nudi che usava imitando il modo delle scimmie.
Dobbiamo raggiungere il gruppo per compiere i riti per Freyja nel blót d’autunno, disse rivolgendosi ai tre rimasti ai pedi dell’albero. Dobbiamo affrettarci per vivere in pace e propiziarci la stagione del lungo inverno”.
Il Blót d’Autunno è un affascinante rituale dalle radici antiche, praticato nelle culture del Nord Europa, in particolare tra i popoli germanici e vichinghi. Facendo riferimento al mio romanzo “Ljuba senza scarpe”, si è evidenziata la necessità di approfondire questa pratica e di esplorare possibili collegamenti con riti simili nel Mediterraneo. Il termine “Blót” deriva dalle lingue antico norreno e inglese antico, o anche “geblōt” in inglese antico. Si riferisce a cerimonie religiose all’interno del paganesimo germanico, in cui avveniva il sacrificio e l’offerta di un animale a una divinità, seguiti dalla cottura e dal consumo condiviso della sua carne. Il Blót era un atto rituale dedicato agli dei, solitamente mediante l’uccisione di animali, in particolare di maiali e cavalli. Durante la cerimonia, il sangue degli animali sacrificati veniva raccolto in ciotole e poi spruzzato sugli altari, sulle pareti e sui partecipanti utilizzando ramoscelli. Si riteneva che il sangue avesse poteri speciali. Il cibo veniva cucinato in grandi forni di terra, sia all’interno che all’esterno delle abitazioni, e il pasto consumato durante questi eventi veniva considerato un atto di condivisione con gli dei e gli elfi. Durante il Blót, venivano anche effettuati brindisi in onore degli dei, come Óðinn, Njörd e Freyr, per ottenere vittoria, prosperità e pace. Di solito, il Blót veniva ospitato nelle dimore dei magnati, dove i contadini della zona si riunivano per adorare gli dei attraverso un grande sacrificio. Queste cerimonie rappresentavano anche un modo per i magnati di mostrare la propria ricchezza e il proprio potere, fornendo cibo e bevande a tutti i partecipanti. Con l’avvento del Cristianesimo, il potere religioso venne trasferito alla Chiesa e le celebrazioni del Blót persero gradualmente importanza. I riti sacrificali dei Vichinghi variavano dalle grandi feste nelle sale dei magnati alle offerte di armi, gioielli e utensili nei laghi. Le fonti letterarie testimoniano anche la presenza di sacrifici umani, sebbene questo sia un argomento ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi. Il Blót prevedeva quattro date fisse all’anno: il solstizio d’inverno, l’equinozio di primavera, il solstizio d’estate e l’equinozio d’autunno. Il Blót d’autunno si svolgeva a metà ottobre ed era un momento sacro in cui si pregava per un anno prospero e pacifico, chiedendo fertilità, buona salute e armonia tra le persone e gli dei. Il Blót più importante era quello del solstizio d’inverno o Yule, dedicato principalmente a Freyr, e la tradizione del “prosciutto di Natale” (originariamente un maiale sacrificato in onore di Freyr) continua a essere una tradizione importante e ben conservata in Scandinavia. Per quanto riguarda possibili collegamenti con le civiltà del Mediterraneo, non esistono informazioni specifiche che suggeriscano un legame diretto tra il Blót d’Autunno e riti simili del Mediterraneo. Tuttavia, è interessante notare che l’idea di sacrifici rituali e celebrazioni stagionali è comune a molte culture antiche, e potrebbero esistere parallelismi tematici o simbolici. Esaminando le somiglianze tra il Blót d’Autunno e i falò autunnali praticati in Italia, in particolare in Irpinia, emergono interessanti connessioni culturali e spirituali. Il Blót d’Autunno nelle culture del Nord Europa era un rituale che coinvolgeva il sacrificio di animali, la distribuzione del sangue sugli altari e sui partecipanti, e il consumo condiviso della carne. Questo rito rappresentava un momento di unione con gli dei e con la comunità, un’occasione per rinnovare la speranza e chiedere benessere e protezione per il futuro. In Irpinia, la tradizione dei falò ha radici profonde e si lega sia a momenti sacri che profani. Durante queste celebrazioni, come ad esempio la Notte dei Falò del periodo dell’avvento, vengono accesi grandi fuochi come elementi purificatori e rinnovatori. Questa festa rappresenta anche un momento di unione comunitaria, in cui le persone si riuniscono attorno al fuoco, condividendo cibo, musica e danze popolari. La tradizione dei falò in Irpinia è strettamente legata ad alcune figure di santi, tra cui Sant’Antonio Abate, protettore degli animali e della comunità contadina. Secondo la leggenda, Sant’Antonio Abate avrebbe sconfitto il demonio per salvare le anime. Anche in questo caso, il fuoco assume una dimensione simbolica di luce, calore e protezione. Entrambe le tradizioni, sebbene appartenenti a contesti culturali diversi, condividono l’elemento del fuoco come simbolo di purificazione, rinnovamento e unione. Il fuoco, sia nel Blót che nei falò autunnali italiani, rappresenta un momento di transizione e rinnovamento, un’occasione per la comunità di riunirsi e condividere speranze e preghiere per il futuro. L’aspetto comunitario e rituale è fondamentale in entrambe le pratiche, sottolineando l’importanza delle radici culturali e delle tradizioni nella costruzione dell’identità di un popolo. In conclusione, il Blót d’Autunno è un rituale affascinante e complesso che ha caratterizzato le culture del Nord Europa antico.
