C’è stato un tempo in cui le nostre terre non conoscevano ancora il fenomeno della desertificazione e le terre di mezzo erano popolate, molto più di adesso, allora in ogni paese, in ogni quartiere, in ogni rione si accendeva un falò e così tutta la dorsale appenninica dell’alta Irpinia era costellata da puntini luminosi, simboli di fratellanza, di buon augurio per un futuro migliore, e allora tutta la terra diveniva comunità. Era il tempo in cui lo spirito comunitario era forte, accomunato nello sforzo di una vita dura nei campi e di un clima sempre inclemente. E così tutti i contadini, figli e custodi di questa terra danzavano intorno al fuoco, bevendo vino e augurandosi strepitosi raccolti.
Ancora oggi questi falò vengono accesi, anche se non sono più così tanti come una volta e rappresentano lo spirito di fratellanza nella lotta che accomuna tutti verso una globalizzazione che ci vorrebbe tutti uguali e omologati alle stesse regole di vita. Ancora oggi si sta insieme intorno ai falò, mangiando prodotti di una terra generosa, bevendo Aglianico di Castelfranci accompagnato dal mitico Carmasciano frigentino e ballando al ritmo della montemaranese.
Così da Castelfranci a Volturara Irpina, da San Nicola Baronia a Bonito, da Luogosano a Sant’Angelo dei Lombardi, da Montemiletto a Caposele, da Morra de Sanctis a Cairano fino a Rocchetta Sant’Antonio, nelle notti del 6, dell’8 e del 13 dicembre è una danza di falò e alti si levano nel cielo i canti delle nuove generazioni delle terre irpine. (Tratto da “L’agente della Terra di Mezzo”)
Ps: in foto i falò di Nusco de “La notte dei falò.









