Voglio parlarvi di tre donne coraggiose ed altruiste, giornaliste e attiviste per i diritti umani, due delle quali sono state brutalmente assassinate nella Russia di Putin.
La prima è la nota Anna Politkovskaja, uccisa a colpi di arma da fuoco il 7 ottobre 2006 nell’ascensore di casa sua con quattro colpi di arma da fuoco, compreso un colpo finale alla testa. È stata uccisa il giorno del compleanno di Putin e due giorni dopo il compleanno del presidente ceceno Ramzan Kadyrov.
La seconda giornalista, Natalya Estemirova, ha lavorato con Anna Politkovskaya per Novaya Gazeta, raccontando la verità sui crimini commessi in Cecenia dal regime di Kadyrov, operando sotto gli auspici e con il pieno consenso del Cremlino. Natalya Estemirova ha ricevuto il Premio Anna Politkovskaya e ha ripetuto lo stesso terribile destino: il 15 luglio 2009 è stata rapita vicino a casa sua a Grozny, dopo di che il suo corpo fu ritrovato con tracce di ferite da arma da fuoco alla testa e al petto.
Durante una cerimonia dedicata alla memoria della Estemirova, il celebre scrittore Salman Rushdie ha concluso il suo discorso con le parole pronunciate dalla stessa Estemirova a Londra in occasione della cerimonia di conferimento del Premio Anna Politkovskaya: “Non c’è più. Ora dobbiamo continuare il suo lavoro”.
E in tutti questi anni, la terza giornalista e attivista per i diritti umani continua il lavoro di Anna e Natalia nella terribile Russia di Kadyrov e Putin. Continua? Continuava.
Natalya Milashina, la nuova vincitrice del premio Human Rights Watch e corrispondente per Novaya Gazeta, è sopravvissuta a minacce di morte e a diversi attacchi. L’8 marzo 2013, ha ricevuto da Michelle Obama il premio speciale Courageous Women of the World del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Nel febbraio 2022, dopo le minacce di Ramzan Kadyrov e altri importanti rappresentanti della Repubblica cecena, Elena Milashina è stata costretta a lasciare la Russia.
Vi ho parlato molto brevemente del destino di tre donne impavide durante il ventennio putiniano in Russia. Per tutto questo tempo, Putin ha costruito la sua verticale di potere, perseguitando giornalisti indesiderati, attivisti per i diritti umani e oppositori politici, falsificando i risultati delle elezioni, corrompendo i politici in Europa e sostenendo il regime criminale di Lukashenko in Bielorussia e conducendo una massiccia propaganda nei media russi.
Il 24 febbraio Putin ha attaccato perfidamente l’Ucraina. Proteste, manifestazioni, picchetti in diverse città della Russia sono stati brutalmente repressi dalla Guardia Nazionale, che è stata allevata dal regime di Putin per 20 anni. La stragrande maggioranza della popolazione, drogata dalla propaganda, si è radunata attorno al proprio leader contro “l’occidente satanico” e “l’Ucraina nazista”. Le madri russe non vanno a cercare i loro figli catturati e caduti, le fidanzate di alcuni uomini russi mobilitati per la guerra li sposano immediatamente – se venissero uccisi, riceverebbero un pagamento per la loro morte.
Le mogli e le fidanzate di altri uomini in fuga dalla mobilitazione comprano per loro biglietti, prenotano alloggi e cercano lavoro a distanza, mentre le altre mogli, di quelli che combattono, rapinano e uccidono in Ucraina, li aspettano a casa in attesa dei trofei di guerra. Altre donne ancora, invece, riunite in associazioni clandestine, raccolgono fondi per permettere a persone ucraine, che per i più disparati motivi si sono ritrovate in Russia, di lasciare quella terra per raggiungere l’Europa. La società russa è più che mai intimidita e disunita e sta vivendo una terribile crisi esistenziale. Allora io auspico che si arrivi ad un momento in cui nella società russa prevalgano le donne come Politovskaja, estemirova e milashina, che abbiano la capacità di far voltare pagina alla storia della Russia, svegliando la società tutta dal torpore a cui è stata indotta, svegliando le coscienze, disincantandole dall’ abominevole propaganda, affinché non si ripeta mai più questa vergognosa pagina che per sempre resterá come una macchia scura sulla storia russa.
(Fatima Tedeeva)
