Cara Teresa, è arrivato un altro inverno, ed è arrivato tardi, e sono ancora qui, con la mia tazza di tè, a guardare fuori dalla finestra in attesa di uno spiraglio di sole. Il freddo pungente non si è fatto ancora sentire, eppure siamo a fine gennaio, ma i meteorologi promettono neve nel prossimo fine settimana. Piove, ora, e rifletto su come i cambiamenti del clima stiano influendo sulle nostre abitudini di vita e sui cicli della natura. La neve, un tempo deprecata, ora viene chiesta, invocata, per i tanti poteri che contiene. Un contadino mi ha spiegato che la neve è il più importante diserbante selettivo: ha la capacità di distruggere in maniera mirata le erbe infestanti, quelle, per intenderci, che parassitano ai danni delle vigne, degli alberi da frutto e delle più importanti coltivazioni umane. E poi, contiene la preziosa acqua, che, imprigionata in uno strato di ghiaccio, viene rilasciata lentamente durante la primavera, irrorando di vita le valli ed i colli. Quanti beni preziosi possediamo, eppure ci consideriamo poveri. Ma poveri di cosa? O per cosa? O è, piuttosto, il nostro atavico senso di inferiorità che viene fuori, a tratti, per ricordarci che la nostra civiltà contadina si è discostata poco dai saperi dei nostri antenati. Sono cambiati i mezzi di produzione. Oggi il trattore si usa ovunque, ma i saperi restano immutati, le culture, i cicli lunari, l’avvicendamento delle colture, sono sempre uguali a se stessi, senza reali rotture con il tempo in cui si originò il sapere umano. Ancora oggi, riti pagani si mescolano a superstizioni e riti scaramantici, creando un unicum culturale che affonda le proprie origini nelle più antiche popolazioni che vivevano in questi luoghi. Teresa, io mi sento profondamente legato a loro e non vivo come senso di inferiorità, ciò che, al contrario, considero come importante punto di forza. Il contadino, a differenza dell’impiegato aziendale è il vero custode della vita su questo pianeta, perché attraverso la sua arte soddisfa il bisogno di sostentamento di centinaia di persone. Perché il grano ed il vino sono intrinsecamente dotati di una ricchezza che travalica quelle degli ori, delle corone e degli arazzi di qualsiasi re. Il suo sapere è alla base di ogni civiltà. Se un popolo non si alimenta in maniera corretta, quel popolo sarà destinato all’oblio per sempre. Poi ti succede di ascoltare storie di emigrazioni. I figli di Liliana sono andati via da Morra ed ora vivono in America, fanno la vita americana. Me li immagino mangiare cibi spazzatura, diventare obesi e vivere in casette piene di ogni confort. Ma non è mica vita quella, cara Teresa, ma l’anticamera della morte, fisica e soprattutto dell’anima e della cultura. Non si può tagliare i ponti con le proprie radici. L’anima si ammala se non sa da dove proviene, ed il corpo, a ruota, si trasforma, si deforma, si allarga. (Inedito tratto da “La Gente della Terra di Mezzo, Giuseppe Tecce”)
