Spesso rimango sbalordito e senza parole, per l’omologazione delle persone e di ciò che potenzialmente potrebbero esprimere. Omologazione, ovviamente, la cui asticella viene costantemente spostata verso il basso, quasi come se essere tutti uniformemente uguali fosse una prerogativa delle società moderne.
Così ti capita di accedere ai social network e di guardare quell’applicazione nella quale l’artificiosa uguaglianza assume proporzioni inumane: instagram. E’ in questo luogo che donne di diverse etnie ed estrazioni sociali, sono tutte costantemente uguali a se stesse. Una sorta di stereotipo da clonare in quante più copie possibile. Labbra artificiosamente carnose su un corpo sempre ben scolpito e con seni sodi e prominenti, in pose sempre uguali ed ostentando un benessere che, il più delle volte, è artificiosamente ricreato. Lo stesso, ovviamente, vale, per il principio della uguaglianza dei generi, anche per gli uomini, tutti aggrappati allo stesso clichè, dell’uomo muscoloso, con lo stesso taglio di capelli e l’identica barba incolta, come non tagliata da 4 o 5 giorni.
Ma la società dell’uguaglianza artificiosa , una sorta di comunismo ante litteram, che, però, non esalta l’uomo, ma lo appiattisce su posizioni basse, a livello dei puri istinti, quelli determinati dal cervello rettile, non si esaurisce nell’applicazione dell’apparire. Altre forme di sterile eguaglianza le ritroviamo inoltre nei social, come tik tok, dove improbabili ballerine o ballerini, si cimentano negli stessi passi di danza, come se fuoriuscire da quegli schemi precostituiti fosse cosa sacrilega. Oppure in facebook, dove l’uguaglianza , spesso, trova la sua forma più bassa di appiattimento, nel concetto di odio, che trova la sua massima espressione nei cosiddetti odiatori seriali, ossia quei leoni da tastiera, che, per motivazioni non ancora ben note, sputano fiamme e fuoco su chiunque gli capiti a tiro.
Questo stereotipo della falsa uguaglianza la troviamo anche per strada, quando capita di essere testimoni, spesso inermi, di attacchi a persone che, per ragioni svariate, possono apparire diverse dagli imposti luoghi comuni, assistendo ad attacchi, fisici, o per lo più verbali, nei confronti di omosessuali o esseri appartenenti ad un credo religioso minoritario nella nostra società.
L’ultima forma di appiattimento è anche quella culturale che spinge alcune persone ad inseguire una ricerca del parlato che è la clonazione dell’italiano licenziato dai Lincei o dalle accademie preposte. Per carità, questa è la forma meno deplorevole di appiattimento ed anche quella culturalmente più elevata, ma è pur sempre espressione di una pressione mediatica e culturale che ci vorrebbe tutti uguali, tutti facilmente gestibili con le stesse parole chiave, o con gli stessi hasthag.
L’elogio della diversità è, oggi, quanto mai necessario, come forma di affermazione sia del singolo essere umano quale rappresentazione unica ed inimitabile dell’intero Universo, sia delle diverse forme sociali da essi creati. Così mi capita spesso di sognare un mondo dove la moda non sia dettata dai soliti volti noti, ma sia lasciata al libero arbitrio delle persone, lasciandole libere di accostare audacemente i colori più disparati, dove l’omosessuale, il trans gender siano visti come persone, uniche ed irripetibili, e non giudicate per ciò che riguarda la propria sfera sessuale, dove ciascuno sia libero di parlare l’italiano con la propria inflessione territoriale, perché i dialetti, che rispecchiano un mondo locale, sono essi stessi cultura.
La diversità è ricchezza, prendiamoci sempre cura di essere diversi, tutti i giorni!
