Lunedì scorso, peraltro, fatto passato inspiegabilmente in secondo piano dai media italiani, Putin ha approvato il concetto di azione umanitaria della Russia all’estero che ha come obiettivo la protezione delle comunità russofone che risiedono negli altri paesi. Un documento di 31 pagine in cui Il Cremlino definisce questa dottrina “una politica umanitaria”. La Federazione russa, si afferma, “fornisce supporto ai suoi connazionali che vivono all’estero” e deve “proteggere, salvaguardare e promuovere le tradizioni e gli ideali del mondo russo”. Di fatto è la riproposizione sotto mentite spoglie della dottrina del “Mondo russo”. Russkiy Mir, Mondo Russo è la linea guida seguita dal Cremlino in politica estera negli ultimi anni. “Ovunque ci sono russi è Russia” è la filosofia che sta alla base di questo approccio ultranazionalista che minaccia buona parte degli stati che hanno preso il posto dell’Unione sovietica. In tanti di questi, infatti, si trovano minoranze russofone che Mosca cerca di usare come quinta colonna per ricomporre, almeno in parte, l’impero antico e riaffermare inequivocabilmente l’egemonia e il controllo dell’ex spazio sovietico.
Mosca si riserva il diritto-dovere di intervenire laddove ritiene discrezionalmente che i diritti delle minoranze russe siano violati o a rischio. L’ha già fatto in Moldavia e in Georgia e ora lo sta facendo in Ucraina ma domani potrebbe farlo in Estonia e Lettonia o in Kazakistan, dove risiedono importanti comunità russe. Nessuno può sentirsi tranquillo in questo scenario. Bisogna mettersi nei panni di chi governa in questi Paesi per capire fino in fondo come sia complicato e sensibile affrontare la questione della sicurezza in queste condizioni. Fa un certo effetto, da questo punto di vista, ascoltare nei nostri talk-show, che sembrano più spesso “trash-show”, opinionisti di ogni risma che dal pulpito di un provincialismo spocchioso e presuntuoso a 3000 chilometri di distanza pontificano e pretendono di impartire lezioni a finlandesi, svedesi e cittadini delle repubbliche baltiche su come ci si deve comportare con la Russia di Vladimir Putin. Troppo facile e spregiudicato. La comoda posizione geografica falsa la percezione della Russia nell’opinione pubblica italiana che tende a vederla più come un’opportunità che una minaccia. Ma i conti con l’oste poi li pagano i Paesi confinanti mentre noi consumiamo gratis. È paradossale, così, che alla fine di questo conflitto scatenato dal Cremlino per impedire la presunta adesione dell’Ucraina alla Nato, che non era all’ordine del giorno, la Russia si ritroverà con un’alleanza atlantica allargata lungo altri 1300 chilometri di confine. L’architettura europea di sicurezza è in frantumi e va ricostruita anche se non può e non deve essere la guerra a gettare le basi per la pace.
Paolo Bergamaschi
