Vittorio, che dopo la morte dei genitori è ritornato a vivere nella sua terra nativa, cioè a Dentecane, ha la faccia di un attore. Ma non solo la faccia, anche la fisicità e le movenze. È alto e non più dritto, una faccia allungata e un sorriso sornione, incorniciato da una barba sempre appena incolta. Non ho mai capito come faccia ad averla sempre incolta allo stesso modo. Ci sarà pure un momento in cui la taglierà, e sarà sbarbato per qualche giorno. Forse in quei giorni non esce di casa? Chissà, questo resterà, per me, e per sempre uno dei grandi misteri di Vittorio.
E Vittorio, nonostante sia nostalgico delle giornate romane, delle esperienze al liceo, delle tournée fatte con la madre, sotto sotto è innamorato veramente dell’Irpinia. Non lo racconta spesso, ma ho saputo che il padre, che all’epoca era un luminare della scienza, spesso, facendosi accompagnare dell’autista, lo portava nella sua terra d’origine. E faceva bene, perché le radici restano sempre nello stesso posto, e ogni tanto, anche se si vive lontani, bisogna innaffiarle.
Le storie di Vittorio, di Nino, di Felicino, di Franco, dell’Osco Rabel, e tante altre ancora, le trovate nel libro del momento, il libro dell’Irpinia per eccellenza.
Si chiama “L’Agente della Terra di Mezzo”, scritto da me, edito da @bookabook_it .
E’ un libro che parla di territorio, d’Italia, di Irpinia di considerazioni fatte pedalando su una mountain bike, della Via Appia, e di tanto tanto altro ancora.
Un libro che non deve mancare in nessuna libreria moderna.
