L’Agente della Terra di Mezzo

INTRODUZIONE

Io nella terra di mezzo ci sono nato, e ci vivo da sempre, da quando sono uscito dalla pancia di mia madre e ho respirato l’odore di una primavera incessantemente in marcia.
Quest’anno però l’inverno è arrivato all’improvviso e prima del previsto. Fa freddo, il cielo è bianco, plumbeo, pioviggina e si sente l’acre odore della neve. È strano immaginare come tutto ciò che è vivente sia formato da una diversa combinazione delle particelle di carbonio. Ho letto su qualche rivista scientifica che il nostro mondo si basa sugli atomi di carbonio, i quali, combinandosi con altri elementi naturalmente presenti nello spazio, determinano tutte le cose. Così accade che io, essere dal sangue caldo, barbuto irpino scontroso, sia uguale al fiocco di neve freddo che ora si posa sulla mia mano, sciogliendosi e assimilandosi a me.
Brusco montanaro dalla socialità scostante, cresciuto con dentro agli occhi il respiro di questi panorami, progenie di lupi, non avvezzo alla vita urbana, sbuffo di vapore che esce dalla bocca in un giorno di neve.
Ed eccola la neve, immancabile amica di ogni inverno, coperta protettrice di ogni filo d’erba, che cade sulle valli e sulle cime del paesaggio. Lì, verso sud scorgo nettamente le tre cime del monte Tuoro che domina Chiusano di San Domenico, e verso sud est le cime più alte dei Monti Picentini, Verteglia, Laceno, Acerno.
Amica, siediti e bevi, ti ho preparato un tè caldo, oggi fa bene, riscalda le viscere e le ossa. Se l’Italia ha un clima temperato, qui è tutta un’altra storia; il freddo è parte integrante della nostra esistenza. Ti ci devi abituare. Ma la costante di tutta la nostra vita è il vento. Vento malevolo, a volte benevolo. Non per nulla, una delle città più antiche del Sannio e capitale ancestrale degli antichi Irpini era prima detta Maleventum e poi Beneventum, perché il vento può essere amico e nemico allo stesso tempo. In verità l’etimologia del nome è diversa, ma a me piace pensare che, invece, abbia a che fare proprio con il vento.
Il vento qui l’hanno imbrigliato, domato, piegato e reso utile. In tutta la zona a sud, nel territorio che si estende tra la Puglia e la Basilicata c’è una costellazione di pale eoliche, i nuovi mulini a vento. Il paesaggio è pieno di queste stelline che, avvicinandosi, diventano enormi, giganti aeriformi dall’incessante moto rotatorio. Producono energia elettrica dal vento, ma con beneficio di pochi. C’è stato un tempo in cui la politica, sempre cieca ai bisogni del popolo, sosteneva che le pale eoliche avrebbero portato benefici e lavoro per tutti. Come sempre la promessa politica resta disattesa, scollegata dalla realtà, perché con la realtà non c’entra un cazzo. O per meglio dire, la politica in senso astratto e alto ha attinenza con la vita e quindi con la realtà, ma i politici tradiscono la politica, facendo quasi sempre ciò che è più conveniente per loro e non per la gente. Avremmo potuto essere il miracolo economico dell’Italia, come i petrolieri green della nuova era; invece, abbiamo preferito far arricchire pochi e lasciare sui nostri terreni solo i segni viventi di questo green economy: i giganti che girano incessantemente notte e giorno.
Devo ammettere, però, che hanno pure un loro fascino estetico. Ogni tanto vado verso il Formicoso e mi fermo in prossimità di questi nuovi mulini. Il loro girare è ipnotico, curativo, silenzioso e pensieroso. Non so se esistano degli studi, ma è probabile che in prossimità dei pali ci sia un campo elettromagnetico, e forse è per questo che sotto si crea uno spazio disadorno di vegetazione.
L’anno scorso, a fine marzo, sono andato a Lacedonia, e lungo le curve che salgono il crinale mi sono imbattuto nei mulini. Erano davvero enormi, ed era il tempo della crescita del grano. In quel caso mi sono accorto che non c’erano zone vuote. Il terreno era completamente riempito dagli steli del grano nascente. Tutto era di un verde intenso, scuro, morbido e, ovviamente, fortemente mosso dal vento.
Mi sono fermato, sono sceso dalla macchina e ho camminato verso il gigante. C’era solo il rumore del vento che strusciava contro la lana del mio cappello; il rumore degli steli che si inchinavano e strofinavano al passare del vento; e un leggero sibilo che proveniva dall’alto. Ho alzato lo sguardo, e sopra di me, a venti metri, c’era un motore con delle eliche enormi, che quasi toccavano terra, che giravano con leggiadria, mosse solo da quel vento.

L’Agente della Terra di Mezzo

Il libro lo trovate in tutte le librerie d’Italia o negli store online.

Pubblicato da Giuseppe Tecce

Scrittore di saggi e romanzi

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