Il ghetto di Minsk

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In questi giorni ricorre il 79° anniversario del massacro nel ghetto di Minsk, quando tra il 21-23 ottobre del 1942 gli ultimi suoi abitanti furono assassinati nella “Yama” (Fossa). Più di 100.000 vittime, 825 giorni di tragedia e di eroismo degli abitanti del ghetto, isolati e sterminati dai nazisti.

Più di 250 lager, di cui 70 ghetti, furono creati sul territorio bielorusso durante l’occupazione nazista.
Prima della Seconda guerra mondiale, in Belarus vivevano circa un milione degli ebrei… Il ghetto di Minsk fu il 2o più grande sul territorio sovietico, dopo quello di Leopoli che contava 136.000 persone, e uno dei più grandi di tutta l’Europa.

Fu creato nell’agosto del 1941 e “popolato” non solo degli ebrei bielorussi, ma furono trasferiti anche cittadini di Austria, Polonia, Repubblica Ceca e altri stati europei.
Il maggior numero di omicidi di massa (i tedeschi usarono parola “azione”) ebbero luogo il 7-8 novembre 1941 (18.000 uccisi), 20 novembre 1941 (15.000), 2 marzo 1942 (8.000), 28 luglio 1942 (25.000), 21–23 ottobre 1943 (22.000 ebrei di vari paesi europei).
Dalla primavera del 1942, i prigionieri del ghetto iniziarono ad essere sterminati con il gas nei furgoni chiamati dal popolo “dushegubka”.

Solo 13 persone rimasero vive nel territorio del ghetto, nascondendosi per diversi mesi nel seminterrato di una casa vicino al cimitero ebraico e lasciando il loro rifugio solo il giorno della liberazione di Minsk nel luglio del 1944.

La prima cerimonia commemorativa vicino a “Yama” ebbe luogo nel 1947, ora c’è un monumento in memoria delle vittime del massacro. Purtroppo in tutti questi anni nel paese non è stato creato un museo della Shoa, nonostante più di un milione di ebrei morti sul territorio bielorusso. Il tema della resistenza a Minsk, delle rivolte e fughe di massa dai ghetti di Kletsk, Nyasvizh, Mir, Lahva, Kobryn, Navahrudak e Glyboky fu messo a tacere.

Non finirò il mio post con il solito “Mai più”, perché ora è in corso proprio questo “mai più” che dovevamo ricordare ed evitare.

Di Tatiana Smith

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