Mi son occupato di Aleksandr Dugin e dei suoi contatti con l’estrema destra italiana anni fa, con un saggio intitolato From Evola to Dugin, a cui rimando (nel primo commento), e in ulteriori articoli.
Aleksandr Dugin da anni viene erroneamente presentato in Italia come “consigliere di Putin”, “cervello del Cremlino”, come lo stratega delle politiche russe: erroneamente, come può testimoniare chiunque abbia una conoscenza minima dello scenario politico russo e dei rapporti di forza, le teorie duginiane sono troppo “stravaganti” anche per Mosca.
Mi spiego: il “neo-eurasismo” e la Quarta teoria politica sono solo delle etichette date a una rilettura duginiana del neofascismo europeo, della Nouvelle Droite, delle idee di Jean Thiriart e di Robert Steuckers, a cui ha aggiunto suggestioni e coloriture prese qui e lì dal pensiero politico russo, molto superficiali. Dugin è lontano da Lev Gumilev come dagli eurasisti degli anni Venti e Trenta, mentre è figlio intellettualmente di Alain de Benoist, di Julius Evola (di cui è il principale traduttore in russo), dei già citati Steuckers e Thiriart, e la sua introduzione a queste idee è dovuta ai contatti stabiliti a fine anni Ottanta con gli ambienti culturali dell’estrema destra italiana che ruotavano attorno alla rivista Orion.
Molto più influente nella politica russa è il suo principale sostegno finanziario e lavorativo, Konstantin Malofeev, oligarca ultranazionalista, monarchico e ortodosso, vicepresidente del Concilio mondiale russo della Chiesa ortodossa, attivo anche in ambito no-vax.
Dar’ja Dugina era nota come Dar’ja Platonova, con cui firmava articoli e testi per Russia Today e Tsargrad (quest’ultimo voce dell’impero finanziario di Malofeev), e curava stampa e media per il padre.
Anche le circostanze dell’esplosione dicono molto su come Dugin non sia nell’inner circle putiniano: chiunque lavori per il Cremlino e l’amministrazione presidenziale è sotto la sorveglianza dell’Fso, il servizio federale di protezione, e piazzare una bomba sotto l’auto di un consigliere di Putin è cosa assai difficile.
Un ricordo personale: era il 2015, il mio saggio era stato appena pubblicato e stavo lavorando a una sua estensione in formato volume (poi bloccatasi per altre ragioni), e tutto il giorno avevo letto testi di Dugin e ascoltato le sue canzoni (ebbene sì, canta anche). Scendo per le scale della stazione metro di Park kultury e sento la sua voce: era lui con Dar’ja che stavano passando i tornelli.
Giovanni Savino
