
Correva l’anno 2003, e mi trovavo a Mosca per fare visita a Fatima, la mia attuale moglie. Ci eravamo conosciuti l’anno prima e andavo piuttosto di frequente a Mosca per farle visita.
Era il mese di Maggio, per me un mese come gli altri, sicuramente un mese più comodo, per via del clima mite, per visitare l’immensa città di Mosca. La conoscevo ancora poco in quell’epoca, e d’altra parte, ancora oggi non posso dire di conoscere bene una città così vasta, che conta oltre venti milioni di abitanti. Ma in quell’epoca ero davvero un novizio.
E fu per caso che mi trovai li proprio nei giorni a ridosso del 9 maggio.

Soggiornavo in un Hotel che affacciava sulla Piazza Rossa. In verità, mi ci ritrovai in quel luogo, perché , all’epoca, la prenotazione me la fece un’agenzia di viaggi. E fu così che ebbi la fortuna, e forse l’onore, di risiedere nell’Hotel Rossija. In quel tempo era, per me, un Hotel come un altro. Ero giovane, avevo voglia di viaggiare e non mi soffermavo sui posti in cui mi ritrovavo a dormire. Quell’hotel , però, aveva qualcosa di innaturale: innanzitutto era enorme. Si trovava sulla Piazza Rossa, proprio di fronte alle mura del Cremlino. Aveva un aspetto austero. La facciata era altissima, squadrata, con linee dritte e molte spigolosità, pienamente in linea con i canoni dettati dall’architettura sovietica. Dentro era ancora peggio. Si entrava da diverse porte, poste sul davanti e piuttosto datate, accedendo ad una hall enorme, larga e lunga diverse decine di metri, e soprattutto alta almeno dieci metri. Ovunque c’erano pannelli raffiguranti opere in perfetto stile sovietico. Tutto all’interno era antiquato: avevo l’impressione di vivere in un luogo in cui il tempo si fosse fermato agli anni sessanta. I corridoi erano lunghissimi, e portavano in altri corridoi e poi in altri corridoi ancora, formando una sorta di circuito che portava il visitatore al punto di partenza. Ad ogni angolo di quel luogo immenso c’erano negozietti, infermerie, sale mediche, sale per mangiare, ecc, ecc. E la particolarità era che tutti quei luoghi, presidiati costantemente da donne grassocce in divisa, con facce perennemente incazzate, erano presenti per ogni piano dello stabile. Non ricordo quanti piani avesse, ma ricordo che fossero davvero tanti. Qualche anno dopo, con maggiore maturità ed esperienza, scoprii che quell’hotel aveva ben 4000 camere e che altri non era, se non l’hotel della vecchia nomenclatura sovietica. Il luogo in cui si svolgevano i congressi del PCUSS e dove dormivano tutti i principali capi del governo sovietico oltre che i capi degli Stati esteri.

La finestra della mia camera dava sulla Piazza Rossa. Mi ricordo che mi ci affacciavo spesso. Ma la mia attenzione era attratta soprattutto dalla Chiesa di San Basilio, che con le sue cupole a cipolla policrome era il simbolo della Russia intera, e dall’enorme stella rossa che campeggiava su una torre che interrompeva le mura del Cremlino.

Erano i giorni di inizio Maggio e, in tutta sincerità, della festa per la vittoria del 9 Maggio , non ne sapevo nulla. Ma affacciandomi, in diversi momenti della giornata, sulla Piazza Rossa, avevo una posizione privilegiata che mi permetteva di accorgermi di strani movimenti che stavano accadendo. Passavano spesso squadre di soldati perfettamente allineati, che marciavano, con i fucili poggiati su una spalla. Erano tanti, divisi in squadre. Tutti marciavano, cantando canti , per me, incomprensibili.



Non sapevo, ma lo percepivo, che mi trovavo a vivere un evento storico. Erano le prove per la parata del 9 Maggio, giorno di festa nazionale, giorno della celebrazione della vittoria della Russia contro i nazisti tedeschi, culminata con la librazione di Berlino. E non sapevo che si trattava della festività più importante della Russia, e prima ancora dell’Unione Sovietica, che attorno ad essa avevano creato il mito della forza sovietica e del popolo russo, che mai sarebbe stato sconfitto da nemici esterni.





La parata del 9 maggio, non la vidi, se non in parte assiepato, come in tanti, lungo le transenne che circondavano la Piazza Rossa. Avevo assistito, involontariamente, ad un evento storico, l’unico evento che ha funzionato da collante tra i popoli russi, sin dai tempi dell’Unione sovietica. La serata, stranamente tiepida, la passai con Fatima, passeggiando sulle rive del fiume Moskva e godendo di un grandioso spettacolo di fuochi d’artificio.

