Giovanni, 46 anni, operaio edile in attività. Busta paga di circa 1200 euro mensili, tre figli, una moglie a carico, ed una casa di proprietà, frutto di un’eredità maturata qualche anno prima, con la morte del padre, e per la quale aveva dovuto pagare un’esosa tassa di successione.
La mattina del 15 Aprile, durante la pausa pranzo, sul cantiere, addenta un croccante marsigliese farcito con della profumata mortadella. Un dolore sordo, seguito da un crack, nella parte laterale della bocca, gli promuove una lacrima. Continua a masticare, il dolore aumenta, e si accorge di avere un corpo estraneo in bocca. Sputa in un fazzoletto, e vede un frammento piuttosto grosso di un molare e da quel momento comincia la sua odissea nella sanità pubblica.
Giovanni, fino a quel momento non aveva mai avuto grossi problemi di salute e si era curato sempre con una sorta di fai da te con il supporto del medico di base. Ma l’esperienza che stava per iniziare avrebbe cambiato per sempre il suo rapporto con il mondo della sanità. Il dolore al molare rotto aumenta con il passare dei giorni, la gengiva si gonfia e si rende necessario fare una visita dal medico di base: dottore ho, presumibilmente, un ascesso ad un molare. Ho bisogno di una visita odontoiatrica e vorrei farla in ospedale. Il dottore lo ascolta, gli guarda la bocca e sentenzia: sei certo di voler andare in ospedale? Non credo che ti cureranno il dente, al massimo ti proporranno un’estrazione. Dottore, suvvia, disse Giovanni sorridendo, se necessario me lo cureranno. Perché eliminare un dente, se ancora si può fare un lavoro di recupero? Il dottore alzò le spalle ed eseguì quanto gli era stato richiesto, scrivendo al pc una ricetta per visita odontoiatrica.
La mattina stessa, Giovanni chiama il CUP del locale ospedale civile, chiedendo una prestazione odontoiatrica, forte del fatto di essere in possesso di una regolare prescrizione medica. La donna dall’altra parte del telefono, dopo una breve pausa di riflessione, sentenzia: la visita con la ricetta la possiamo fissare per il 5 Maggio. Ma di questo anno? scherza Giovanni, ignaro dei gangli della sanità pubblica. Si, signore il 5 Maggio di quest’anno, rispose la donna. Ma, signora, io ho un ascesso dentario, e non posso aspettare per un tempo così lungo. Signore, proruppe la donna con tono scocciato, la sua ricetta non ha la caratteristica dell’urgenza. Se ha bisogno di una visita urgente chiami il suo medico e si faccia sostituire la ricetta. Giovanni riaggancia meravigliato e ritorna dal proprio medico di base, fa di nuovo la coda in sala di attesa e al momento in cui si ritrova faccia a faccia con il dottore gli chiede spiegazioni del perché non gli abbia fatto una richiesta di visita urgente. Il medico si scusa in qualche modo, annulla la ricetta emessa, e ne scrive una nuova con la dicitura di urgenza. Giovanni, che intanto ha già perso una giornata di lavoro, esce dallo studio, e considerata l’ora non può più chiamare il CUP. Lo avrebbe fatto l’indomani mattina. Con la ricetta alla mano, telefona e parla, questa volta con un uomo. Salve, sono Giovanni, ho bisogno di una visita odontoiatrica d’urgenza. Certo signore mi fornisca il numero della ricetta , scritto in alto a destra sotto al codice a barre: inizia per 1500 A. Giovanni cerca il numero e glielo detta. L’uomo risponde: bene, vedo che ha una richiesta di urgenza, pertanto potrà venire a fare la visita Giovedì pomeriggio alle 15. Si presenti al CUP alle 14, paghi il ticket, e poi sarà libero di recarsi in ambulatorio. Ma oggi è Martedì, dice Giovanni alzando il tono della voce, e dovrò aspettare ancora due giorni per essere visitato? Il molare mi duole. Mi dispiace signore, il primo posto disponibile è per giovedì alle ore 15. Le confermo la prenotazione? Va bene, risponde Giovanni, con un moto di rassegnazione. Giovedi alle 14 Giovanni si presenta al CUP. Ha dovuto lavorare mezza giornata. Alle 14.30 paga il ticket e si reca presso l’ambulatorio odontoiatrico. Il dottore è in ritardo e tutte le visite saranno spostate in avanti di un’ora. Alle 16 finalmente entra nella sala medica. Si siede sulla poltrona e dopo aver spiegato al medico l’accaduto, apre la bocca per farsi visitare. Il dottore esplora il cavo orale con lo specchietto, ed effettivamente, trova l’ascesso. Tocca il dente, lo guarda, poi chiede a Giovanni di alzarsi. Si spostano verso la scrivania, dove il dottore, incrociate le dita delle mani, con i gomiti appoggiati sulla scrivania, dice: Senta Signor Giovanni, il suo dente non è in condizioni tali da dover essere estratto. Si può curare e con una capsula avrà un dente come nuovo. Bene, esclama Giovanni, quando possiamo cominciare la cura? Forse non mi sono espresso bene, continua il dottore, con aria incupita: noi non possiamo curarle il dente e men che meno possiamo incapsularlo. E’ un tipo di lavoro che possiamo eseguire in rari casi, previsti espressamente dalla legge, per persone che si trovino in una grave condizione di vulnerabilità sanitaria o sociale, e credo che lei non rientri in nessuna delle due categorie, pertanto le prescrivo un antibiotico per ridurre l’ascesso, ed un antidolorifico per ridurre il dolore. Poi le consiglio di rivolgersi ad uno studio odontoiatrico privato che pratica la chirurgia conservativa del dente. Giovanni, lo guarda con meraviglia e si ricorda delle parole del medico di base. Si alza e saluta il dottore con gentilezza, ma con il cuore in frantumi per la delusione. Giovanni ha perso all’incirca due giornate di lavoro, i soldi del ticket per la visita presso l’azienda ospedaliera locale, ed uscito dall’ospedale chiama il medico dentista il cui numero gli è stato fornito dal cognato. L’appuntamento è per la sera stessa alle 19, per iniziare il percorso medico che lo porterà ad avere, di nuovo, una bocca sana, ed un portafogli molto più leggero.
