The Telegraph 13.09.22, Ben Hodges
(tenente generale (in pensione), ex comandante dell’esercito americano in Europa e consigliere senior di Human Rights First.)
“Sta diventando sempre più chiaro che l’Ucraina vincerà questa guerra e che il Cremlino dovrà affrontare una storica crisi di fiducia. In effetti, ora credo che ci sia una reale possibilità, che le debolezze esposte di Vladimir Putin siano così gravi, che potremmo assistere all’inizio della fine non solo del suo regime, ma della stessa Federazione Russa.
Questo vasto impero, che comprende più di 120 gruppi etnici, si basa sul fondamento insostenibile e, come in quella famosa citazione di Hemingway, il suo crollo all’inizio può essere graduale, ma potrebbe rapidamente diventare un evento improvviso, violento e incontrollabile. Se non ci prepariamo a questa possibilità nel modo in cui non siamo riusciti a prepararci al crollo dell’Unione Sovietica, potrebbe introdurre un’immensa instabilità nella nostra geopolitica.
Vedo almeno 3 fattori che potrebbero portare al collasso della Federazione.
- Il primo è il crollo della fiducia interna nell’esercito russo, che è stato tradizionalmente al centro della legittimità del Cremlino. La sua umiliazione in Ucraina è ora quasi completa, con l’orgogliosa flotta del Mar Nero che ancora si nasconde dietro la Crimea, troppo spaventata per agire contro un paese, che non abbia una marina. E gli uomini russi, una volta allettati dalle offerte di paga dei militari, evitano il reclutamento in massa, sapendo del destino che il campo di battaglia riserverà a loro. Ciò ha esacerbato il reclutamento sproporzionato delle minoranze etniche dalla Cecenia e dalle altre regioni ai margini della Federazione – i gruppi più facili da usare come la carne da cannone – che ha già sollevato le lamentele che non saranno facilmente dimenticate. Se alcuni militanti ceceni decidessero di scatenare un’altra guerra di indipendenza, dove troverebbe Putin le risorse militari per combatterla ora, quando ha sprecato così tanto in Ucraina? Senza dubbio sarà consapevole del fatto, che se una tale guerra verrà vinta in modo rapido e deciso dai ceceni, potrebbe innescare un’ondata delle insurrezioni simili in tutta la Federazione.
- In secondo luogo, i danni subiti dall’economia russa sono stati troppo devastanti per sostenere una popolazione di 144 milioni di abitanti. La perdita dei mercati energetici, che prima compensava la mancanza delle industrie moderne nel Paese, non può essere annullata. I governi europei non faranno più affidamento sul Nord Stream 1, dopo aver assistito alla facilità con cui può essere spento, e stanno già effettuando gli investimenti a lungo termine nell’approvvigionamento energetico nazionale. Anche la Russia aveva fatto l’affidamento sulle esportazioni delle sue armi, ma quale paese sarà interessato ad acquistare il suo equipaggiamento o le sue armi ora? Una tale crisi economica può essere sostenuta per qualche mese, nella malriposta speranza che un giorno gli affari tornino, ma anche in Russia il pozzo dello stoicismo ha i suoi limiti.
- Questo ci porta al terzo fattore, che è la natura scarsa della popolazione russa. Perché nonostante possieda 70 volte la massa continentale del Regno Unito, la Federazione ha solo il doppio della popolazione. Questi numeri rendono difficile il raggiungimento della solidarietà civica anche nei tempi migliori, ma ora, con la metropoli in una posizione debole, qualsiasi senso di identità nazionale potrebbe deteriorarsi rapidamente. Le sanzioni occidentali costringeranno le élite di Mosca a fare difficili compromessi economici. Inevitabilmente salveranno le classi medie della capitale, che rappresentano una minaccia più immediata per i funzionari, a scapito delle minoranze nelle regioni costituenti.
Vista in questo modo, è scioccante quanto poco venga discussa una potenziale fine della Federazione Russa.
Dovremmo porci le domande difficili ora, per evitare che ci vengano lanciate all’improvviso addosso dal nulla. Ad esempio, come andrebbe a finire in un paese, che ha le notevoli scorte delle armi nucleari e pochi centri del potere? Chi estrarebbe le cariche nucleari? Come evitare la fuoriuscita delle armi e dei militanti russi negli stati baltici? Un grande conflitto interno è inevitabile o il crollo può essere contenuto nei limiti di un contesto politico? Insieme, questi dilemmi rappresentano una sfida molto significativa per l’Occidente.
Se sbagliamo, potremmo avere a che fare con il disastro. La nostra incapacità di arrivare preparati all’ultimo crollo russo circa 30 anni fa, ei disordini interni che ne sono seguiti, hanno probabilmente portato il paese alla presidenza di Putin. Non possiamo rischiare di essere impreparati la seconda volta.”
