Nati così in mezzo a tutto questo tra facce di gesso che ghignano e la signora morte che se la ride mentre gli ascensori si rompono mentre gli orizzonti politici si dissolvono mentre il ragazzo della spesa del supermercato ha una laurea mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa e il sole è mascherato siamo nati così in mezzo a tutto questo tra queste guerre attentamente matte tra la vista di finestre di fabbrica rotte di vuoto in mezzo a bar dove le persone non non si parlano più nelle risse che finiscono tra sparatorie e coltellate
siamo nati così in mezzo a tutto questo tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo nati in mezzo a tutto questo
ci muoviamo e viviamo in tutto ciò a causa di tutto questo moriamo castrati corrotti diseredati per tutto questo ingannati da questo usati da questo pisciati addosso da questo resi pazzi e malati da questo resi violenti resi inumani da questo
il cuore è annerito le dita cercano la gola la pistola il coltello la bomba le dita vanno in cerca di un dio insensibile le dita cercano la bottiglia le pillole qualcosa da sniffare
siamo nati in questo essere letale triste siamo nati in un governo in debito di 60 anni che presto non potrà nemmeno pagare gli interessi su quel debito e le banche bruceranno il denaro sarà inutile ammazzarsi per strada in pieno giorno non sarà più un crimine resteranno solo pistole e folle di sbandati la terra sarà inutile il cibo diventerà un rendimento decrescente l’energia nucleare finirà in mano alle masse il pianeta sarà scosso da un’esplosione dopo l’altra uomini robot radioatitvi si inseguiranno l’un l’altro
il ricco e lo scelto staranno a guardare da piattaforme spaziali l’inferno di Dante sarà fatto per somigliare a un parco giochi per bambini il sole sarà invisibile e sarà la notte eterna gli alberi moriranno e tutta la vegetazione morirà uomini radioattivi si nutriranno della carne di uomini radioattivi il mare sarà avvelenato laghi e fiumi spariranno la pioggia sarà il nuovo oro la puzza delle carcasse di uomini e animali si propagherà nel vento oscuro gli ultimi pochi superstiti saranno oppressi da malattie nuove ed orrende e le piattaforme spaziali saranno distrutte dalla collisione il progressivo esaurimento di provviste l’effetto naturale della decadenza generale e il più bel silenzio mai ascoltato nascerà da tutto questo il sole nascosto attenderà il capitolo successivo
Un uomo deve provare tante donne per trovare l’unica, e se aveva fortuna lei sarebbe stata al suo fianco. Per un uomo sistemarsi con la prima o la seconda donna della vita è comportarsi da ignorante; non ha idea di che cosa sia una donna. Un uomo deve compiere il percorso fino in fondo, e ciò non significa solo andare a letto con le donne, scoparle una volta o due; vuole dire “vivere” con loro per mesi e anni. Non biasimo gli uomini che hanno paura di una cosa simile, significa mettere l’anima a disposizione di tutte. Naturalmente alcuni uomini si sistemano con una donna, rinunciano, dicono ecco, è il meglio che posso fare. Ce ne sono moltissimi, in effetti la maggior parte delle persone vive sotto la bandiera della tregua: si rende conto che le cose non funzionano in modo proprio perfetto, ma non importa, accontentiamoci, dicono, non serve a niente percorrere di nuovo tutta la trafila, che cosa danno alla tv, stasera? Niente. Bene, guardiamola lo stesso. È meglio che guardarsi in faccia, è meglio che pensare a “quello”. La tv tiene insieme più coppie male assortite di quanto non facciano i figli o la chiesa.(Shaskespeare non l’ha mai fatto, C.Bukowski)
Correva l’anno 2003, e mi trovavo a Mosca per fare visita a Fatima, la mia attuale moglie. Ci eravamo conosciuti l’anno prima e andavo piuttosto di frequente a Mosca per farle visita.
Era il mese di Maggio, per me un mese come gli altri, sicuramente un mese più comodo, per via del clima mite, per visitare l’immensa città di Mosca. La conoscevo ancora poco in quell’epoca, e d’altra parte, ancora oggi non posso dire di conoscere bene una città così vasta, che conta oltre venti milioni di abitanti. Ma in quell’epoca ero davvero un novizio.
E fu per caso che mi trovai li proprio nei giorni a ridosso del 9 maggio.
Hotel Rossija
Soggiornavo in un Hotel che affacciava sulla Piazza Rossa. In verità, mi ci ritrovai in quel luogo, perché , all’epoca, la prenotazione me la fece un’agenzia di viaggi. E fu così che ebbi la fortuna, e forse l’onore, di risiedere nell’Hotel Rossija. In quel tempo era, per me, un Hotel come un altro. Ero giovane, avevo voglia di viaggiare e non mi soffermavo sui posti in cui mi ritrovavo a dormire. Quell’hotel , però, aveva qualcosa di innaturale: innanzitutto era enorme. Si trovava sulla Piazza Rossa, proprio di fronte alle mura del Cremlino. Aveva un aspetto austero. La facciata era altissima, squadrata, con linee dritte e molte spigolosità, pienamente in linea con i canoni dettati dall’architettura sovietica. Dentro era ancora peggio. Si entrava da diverse porte, poste sul davanti e piuttosto datate, accedendo ad una hall enorme, larga e lunga diverse decine di metri, e soprattutto alta almeno dieci metri. Ovunque c’erano pannelli raffiguranti opere in perfetto stile sovietico. Tutto all’interno era antiquato: avevo l’impressione di vivere in un luogo in cui il tempo si fosse fermato agli anni sessanta. I corridoi erano lunghissimi, e portavano in altri corridoi e poi in altri corridoi ancora, formando una sorta di circuito che portava il visitatore al punto di partenza. Ad ogni angolo di quel luogo immenso c’erano negozietti, infermerie, sale mediche, sale per mangiare, ecc, ecc. E la particolarità era che tutti quei luoghi, presidiati costantemente da donne grassocce in divisa, con facce perennemente incazzate, erano presenti per ogni piano dello stabile. Non ricordo quanti piani avesse, ma ricordo che fossero davvero tanti. Qualche anno dopo, con maggiore maturità ed esperienza, scoprii che quell’hotel aveva ben 4000 camere e che altri non era, se non l’hotel della vecchia nomenclatura sovietica. Il luogo in cui si svolgevano i congressi del PCUSS e dove dormivano tutti i principali capi del governo sovietico oltre che i capi degli Stati esteri.
La finestra della mia camera dava sulla Piazza Rossa. Mi ricordo che mi ci affacciavo spesso. Ma la mia attenzione era attratta soprattutto dalla Chiesa di San Basilio, che con le sue cupole a cipolla policrome era il simbolo della Russia intera, e dall’enorme stella rossa che campeggiava su una torre che interrompeva le mura del Cremlino.
Erano i giorni di inizio Maggio e, in tutta sincerità, della festa per la vittoria del 9 Maggio , non ne sapevo nulla. Ma affacciandomi, in diversi momenti della giornata, sulla Piazza Rossa, avevo una posizione privilegiata che mi permetteva di accorgermi di strani movimenti che stavano accadendo. Passavano spesso squadre di soldati perfettamente allineati, che marciavano, con i fucili poggiati su una spalla. Erano tanti, divisi in squadre. Tutti marciavano, cantando canti , per me, incomprensibili.
Non sapevo, ma lo percepivo, che mi trovavo a vivere un evento storico. Erano le prove per la parata del 9 Maggio, giorno di festa nazionale, giorno della celebrazione della vittoria della Russia contro i nazisti tedeschi, culminata con la librazione di Berlino. E non sapevo che si trattava della festività più importante della Russia, e prima ancora dell’Unione Sovietica, che attorno ad essa avevano creato il mito della forza sovietica e del popolo russo, che mai sarebbe stato sconfitto da nemici esterni.
La parata del 9 maggio, non la vidi, se non in parte assiepato, come in tanti, lungo le transenne che circondavano la Piazza Rossa. Avevo assistito, involontariamente, ad un evento storico, l’unico evento che ha funzionato da collante tra i popoli russi, sin dai tempi dell’Unione sovietica. La serata, stranamente tiepida, la passai con Fatima, passeggiando sulle rive del fiume Moskva e godendo di un grandioso spettacolo di fuochi d’artificio.
Pare che ci siano gatti in grado di sentire l’odore dei topi, anche quando sono, semplicemente, descritti in un libro. Vi ricordo che “Storia di un Presidente che si credeva un topo”, lo trovate ovunque, ma, magari, predilegete le librerie vere e proprie, che quello è l’habitat naturale dei libri. ❤️❤️❤️
Anche nel circo c’è il concetto di “formazione criminale”. Agli animali molto piccoli viene insegnato solo ad aggredire, spaccare, uccidere e morire. Nei circhi, la formazione criminale è stata vietata dagli anni ’20 del 900. Il regime di Putin ha riportato in vita la vecchia tradizione del circo e le ha conferito pieno potere sui bambini russi. Nevzorov @nevzorovtv
Giugno del 1941, frontiera occidentale della Russia, un piccolo uomo con la divisa da ufficiale della guardia di frontiera osserva dal binocolo le truppe tedesche in offensiva. Noi conosciamo quel piccolo uomo – è Vladimir Putin. Eccolo a gettare una bomba a mano sotto un tank nemico nei pressi di Kiev. Ed eccolo in tuta bianca mimetica a correre, mentre spara col mitra, sul campo innevato vicino a Mosca, e dopo, al timone di un caccia, a sparare gli aeri nemici nei pressi di Leningrado. Ecco Vladimir Putin che prende dell’acqua con il casco dal fiume Volga a Stalingrado, e ora è un carrista nei pressi di Kursk – esce dal tank, pulendosi il viso dal nerofumo. Ecco Putin che guida un sottomarino sul fondo del Mar Baltico, e lanciando con maestria un siluro, fa affondare una nave tedesca accanto all’isola Rügen. E alla fine, nel maggio del 1945, a Berlino – Putin, stanco, con una grande bandiera sale sulla cupola del Reichstag. E’ la vittoria. Pensate siano menzogne? Certamente avete ragione, ma il vostro parere non interessa a nessuno. Quella che in Russia viene chiamata la Grande Guerra Patriottica, da tempo è diventata una guerra personale di Vladimir Putin. E’ stato lui a sparare dal tank, a volare sul caccia e a guidare il sottomarino. Cercavano di ucciderlo, ma ogni volta era più forte di loro e ogni volta li ha vinti. A proposito, a chi ha sconfitto? In termini formali – a Hitler, ma di Hitler ci si può anche dimenticare, Hitler non c’è più da tempo. Nel 1945 Vladimir Putin ha vinto tutti – ha vinto Obama, e Angela Merkel, e l’opposizione dentro la Russia, Boris Nemtsov compreso, ha vinto il movimento LGBT mondiale, e le Pussy Riot, e l’Ucraina, e la Giorgia, e i tre paesi Baltici, e ancora la Polonia, e in effetti ha vinto tutti quanti, perché tutti quanti sono nemici della Russia. La Russia ha un solo amico – è lo stesso Vladimir Putin. Ed è solo lui ad essere capace di vincere tutti i nemici. Oggi pochi comprendono il reale straordinario significato storico della Seconda Guerra Mondiale per la Russia. Settant’anni di storia sovietica – è stata la più brutale dittatura terroristica da parte di un partito bolscevico e del suo apparato repressivo. Il regime sovietico era disumano e menzognero. La gente, privata non solo della maggior parte dei suoi diritti civili, ma spesso anche delle comodità basilari della vita, sentiva ogni giorno alla radio e dai suoi leader che viveva nella società più felice e più giusta. Il doppio pensiero, la discrepanza tra realtà e parole, per decenni è stata una caratteristica obbligatoria della società sovietica, isolata dal resto del mondo. E solo la guerra, solo quattro anni su settanta – sono stati una straordinaria eccezione a tutte le regole della storia sovietica, un errore del software. Sì, la guerra è stata una tragedia e una catastrofe, ma allo stesso tempo è stata una vera macchia chiara anche per chi non avrebbe mai osato dirlo ad alta voce. Per quattro anni furono interrotti sia la schiavitù che il doppio pensiero. Ieri eri un colcosiano, privato dei diritti civili, o un operaio edile che, per una porzione di sbobba, stava costruendo un altro “cantiere del comunismo”. E oggi sei un soldato che combatte da brav’uomo il vero male del mondo. Ieri il partito decideva per te cos’era il bene e cosa il male, e oggi stai combattendo dalla parte dell’Inghilterra e dell’America. Ieri ti assegnavano i nemici tra i tuoi amici, parenti e vicini, i quali venivano prelevati nel mezzo della notte in un’auto della polizia segreta e li portavano nei Gulag, oggi il tuo nemico non è inventato, ma un vero invasore straniero, che porta morte e distruzione sulla tua terra. Ieri eri un ingranaggio in un enorme meccanismo disumano, e oggi sei una persona, dalle cui scelte dipende ogni minuto del tuo destino, il destino del Paese e persino dell’intera umanità. Quattro anni di guerra sul fronte sovietico sono diventati paradossalmente quattro anni di massima verità, libertà e giustizia per il regime sovietico. La guerra portò via milioni di vite, ma è diventata nello stesso tempo l’unico punto chiaro per decine di milioni di persone nella loro esistenza senza speranza. E anche negli anni del dopoguerra l’immagine sovietica del mondo era piena di bugie e omissioni, i carnefici erano considerati eroi, le persone oneste erano nemici, e solo il ricordo della guerra, quando i nemici erano nemici e le persone oneste erano persone oneste, fu l’episodio storico più umano e quindi il più importante. Trattare la guerra come un periodo storico speciale è l’elemento più importante nell’autoidentificazione nazionale di tutto l’ex popolo sovietico. Il crollo del comunismo nel 1991, che ha demolito tutti i valori sovietici, non ha influito in alcun modo sul valore di questa guerra, anzi, poiché la Russia post-sovietica non è riuscita affatto a creare la propria mitologia nazionale, è rimasta solo la mitologia della guerra come unico valore spirituale di tutta la Russia universalmente riconosciuto ed indiscutibile. E quando Putin è salito al potere, lui, creando il regime del suo potere personale, non ha potuto fare a meno di fare affidamento sul mito militare. Il mito di un leader duro ma giusto era basato sul mito della guerra e, man mano che il regime di Putin si rafforzava, si unì ad esso. La Russia è Putin. La Russia è la vittoria del 1945. Da queste due uguaglianze si ottiene una nuova equazione: Putin è ora la vittoria del 1945. La parata di Mosca prevista per il 9 maggio non è una parata in memoria delle vittime e degli eroi della guerra, è una parata di fedeltà a Putin e al suo Stato. Il nastro nero e arancione di San Giorgio, che formalmente simboleggia la memoria, è ora anche un segno di lealtà. I separatisti filorussi stanno combattendo mostrando questo nastro in Ucraina. È importante per loro sentirsi eredi dei soldati della seconda guerra mondiale, che si oppongono, non all’Ucraina moderna, ma proprio al male del 1941-45 contro cui hanno combattuto i loro nonni. La versione occidentale della guerra, che si tratti dell’Olocausto, o della divisione dell’Europa, o anche dei calcoli di Turing che hanno permesso di rompere l’Enigma, tutto ciò irrita la Russia moderna, che già accetta di considerare come suoi nemici del 1945 coloro che lo stato russo considera oggi nemici – l’Ucraina, la Georgia, e l’America. L’esperimento storico di Vladimir Putin ha distrutto la memoria, sostituendola con un costrutto politico utilitaristico. Questa costruzione è di breve durata, finirà insieme al potere di Vladimir Putin, e poi la società russa dovrà riformulare il suo atteggiamento verso la Seconda Guerra Mondiale. Ma finora nessuno c’ha pensato. Vladimir Putin esce dal carro armato, asciugandosi la faccia fuligginosa, Vladimir Putin vola su un jet da combattimento, Vladimir Putin alza la bandiera su Berlino. Nella guerra che la Russia oggi adora, c’è un solo vincitore, Vladimir Putin.
Le entrate della figlia di Ramzan Kadyrov, che ricopre la carica di ministro della Cultura della Repubblica, sono aumentate di 50 volte nell’ultimo anno – da 845mila rubli a 44 milioni di rubli.
Parte della responsabilità di ciò che sta accadendo in Ucraina ricade su chi a sinistra si ostina a sostenere le ragioni di Putin in chiave anti imperialista Usa, denuncia da Kiev l’autore di questa analisi, un attivista socialista e storico ucraino
Sto scrivendo queste righe a Kiev mentre la mia città è sotto l’attacco dell’artiglieria. Fino all’ultimo minuto avevo sperato che le truppe russe non avrebbero lanciato un’invasione su vasta scala. Ora posso solo ringraziare coloro che hanno fatto trapelare le informazioni ai servizi di intelligence statunitensi. Ieri ho passato metà della giornata a valutare se dovevo entrare a far parte di un’unità di difesa territoriale. Durante la notte le truppe russe si sono preparate ad accerchiare Kiev e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un ordine di mobilitazione generale, prendendo la decisione per me. Ma prima di assumere il mio incarico, vorrei comunicare alla sinistra occidentale cosa penso della sua reazione all’aggressione russa contro l’Ucraina.
Prima di tutto, sono grato alle persone di sinistra che ora stanno manifestando davanti alle ambasciate russe, anche a quelli che si sono presi il loro tempo per rendersi conto che è la Russia l’aggressore in questo conflitto. Sono grato ai politici che sostengono la necessità di fare pressione sulla Russia per fermare l’invasione e ritirare le sue truppe. E sono grato alla delegazione di parlamentari, sindacalisti e attivisti britannici e gallesi che è venuta per sostenerci e ascoltarci nei giorni precedenti l’invasione russa. Sono anche grato alla Campagna di solidarietà ucraina nel Regno Unito per l’aiuto che perdura da molti anni.
Questo articolo riguarda l’altra parte della sinistra occidentale. Per esempio coloro che a fine gennaio hanno parlato di un’aggressione della Nato in Ucraina e che non sono stati capaci di vedere l’aggressione russa. Mi riferisco ai Democratic socialists of America (Dsa) di New Orleans.
Il Comitato internazionale Dsa, da parte sua, ha pubblicato una dichiarazione vergognosa evitando di pronunciare una sola parola contro la Russia (sono molto grato al professore e attivista statunitense Dan la Botz e ad altri per la loro critica a quella nota).
Poi c’è chi ha criticato l’Ucraina per non aver attuato gli accordi di Minsk e ha taciuto sulle violazioni commesse dalla Russia e dalle cosiddette Repubbliche popolari.
Infine ci sono coloro che hanno sopravvalutato il peso dell’influenza dell’estrema destra in Ucraina, ma non si sono accorti dell’estrema destra nelle “Repubbliche popolari” ed hanno evitato di criticare la politica conservatrice, nazionalista e autoritaria di Putin. Parte della responsabilità di ciò che sta accadendo ricade su di voi.
I danni del campismo Tutto ciò fa parte di un fenomeno più ampio presente nel movimento occidentale “contro la guerra”, definito «campismo» dai critici di sinistra. L’autrice e attivista britannico-siriana Leila Al-Shami gli ha dato un nome più forte: «L’anti imperialismo degli idioti». Leggete il suo meraviglioso saggio del 2018 se non l’avete ancora fatto. Ripeterò qui solo la tesi principale: rispetto al conflitto in Siria, l’impegno di gran parte della sinistra occidentale “contro la guerra” non ha avuto nulla a che fare col fermare il conflitto. Si è solamente opposta all’interferenza occidentale, ignorando, o addirittura sostenendo, il coinvolgimento di Russia e Iran, per non parlare dell’atteggiamento deferente nei confronti del regime di Assad «legittimamente eletto» in Siria. «Un certo numero di organizzazioni contro la guerra hanno giustificato il proprio silenzio sugli interventi russi e iraniani sostenendo che “il principale nemico è in casa”», ha scritto Al-Shami. «Questa “idea” ha impedito loro di fare una qualsiasi seria analisi e quindi di capire chi ha effettivamente tirato le redini della guerra».
Purtroppo abbiamo visto lo stesso cliché ideologico ripetersi nell’analisi dell’attacco all’Ucraina. Anche dopo che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle “Repubbliche popolari”, all’inizio di questa settimana, sulla rivista di sinistra americana Jacobin Branko Marcetic ha scritto un articolo quasi interamente dedicato alla critica degli Stati Uniti. E quando è arrivato a parlare delle azioni di Putin, si è limitato a rimarcare che il leader russo aveva «mostrato intenzioni tutt’altro che benevoli». Ma stiamo scherzando?
Non sono un fan della Nato So bene che dopo la fine della Guerra fredda la Nato ha perso la sua funzione difensiva e ha condotto politiche aggressive. So bene che l’espansione verso est della Nato ha indebolito gli sforzi per il disarmo nucleare e la formazione di un sistema di sicurezza “universale”. È la Nato ad aver cercato di ridurre ai minimi termini il ruolo delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (l’Osce) e di screditarle definendole «organizzazioni inefficienti». Ma per cercare una via d’uscita da questa situazione non possiamo girare al contrario le lancette della storia. Dobbiamo fare i conti con le circostanze attuali.
Quante volte la sinistra occidentale ha citato le promesse informali degli Stati Uniti all’ex presidente russo, Mikhail Gorbachev, riguardo la Nato (“non un centimetro più a est“), e quante volte ha invece menzionato il Memorandum di Budapest del 1994 che garantisce la sovranità dell’Ucraina? Quante volte la sinistra occidentale ha riconosciuto le «legittime preoccupazioni per la sicurezza» della Russia, uno Stato che possiede il secondo più grande arsenale nucleare del mondo? E quanto spesso si è ricordata delle preoccupazioni per la sicurezza dell’Ucraina, uno Stato che ha dovuto barattare le sue armi nucleari, sotto la pressione degli Stati Uniti e della Russia, per un pezzo di carta (il Memorandum di Budapest) che Putin ha calpestato definitivamente nel 2014? È mai venuto in mente alle persone di sinistra critiche nei confronti della Nato che l’Ucraina è la vittima principale dei mutamenti provocati dall’espansione della Nato?
Più e più volte, la sinistra occidentale ha risposto alle critiche contro la Russia citando l’aggressione degli Stati Uniti contro l’Afghanistan, l’Iraq e altri Stati. Naturalmente, occorre tenere conto di tutto ciò, ma in che modo, di preciso?
Il ragionamento della sinistra dovrebbe essere che nel 2003 gli altri governi non hanno fatto abbastanza pressione sugli Stati Uniti per fermare la guerra contro l’Iraq. Non che ora sia necessario esercitare meno pressione sulla Russia mentre invade l’Ucraina.
Un errore evidente Immaginate per un momento se, nel 2003, quando gli Stati Uniti si preparavano all’invasione dell’Iraq, la Russia si fosse comportata come gli Stati Uniti nelle ultime settimane: minacciando una escalation. Ora immaginate cosa avrebbe potuto fare la sinistra russa in quella situazione, secondo il dogma del «il nostro principale nemico è in casa». Avrebbe criticato il governo russo per questa “escalation”, dicendo che non doveva «mettere a rischio le contraddizioni inter imperialiste»? È ovvio per tutti che sarebbe stato un errore. Perché questo non è stato ovvio nel caso dell’aggressione all’Ucraina?
In un altro articolo su Jacobin Usa, Marcetic è arrivato a dire che l’opinionista di Fox news Tucker Carlson aveva «completamente ragione» a proposito della «crisi ucraina». Carlson, di fatto, ha messo in discussione «il valore strategico dell’Ucraina per gli Stati Uniti». Lo stesso ha fatto Tariq Ali su New left review quando ha citato, condividendolo, il calcolo dell’ammiraglio tedesco Kay-Achim Schönbach, il quale ha dichiarato che «rispettare» le mosse di Putin sull’Ucraina sarebbe stata una strategia «a basso costo, persino a costo zero», dato che la Russia potrebbe essere un utile alleato contro la Cina. Dite sul serio? Davvero vogliamo che gli Stati Uniti e la Russia raggiungano un accordo e inneschino una nuova guerra fredda contro la Cina come alleati? Deve essere questo il nostro obiettivo?
Riformare l’Onu Non sono un fan dell’internazionalismo liberale. I socialisti dovrebbero criticarlo. Ma questo non significa che dobbiamo sostenere la divisione delle “sfere di interesse” tra gli Stati imperialisti. Invece di cercare un nuovo equilibrio tra i due imperialismi, la sinistra dovrebbe lottare per una democratizzazione del sistema della sicurezza internazionale. Abbiamo bisogno di una politica globale e di un sistema globale di sicurezza internazionale. Quest’ultimo lo abbiamo già: sono le Nazioni Unite. Sì, ha molti difetti, ed è spesso oggetto di giuste critiche. Ma si può criticare o per rifiutare qualcosa o per migliorarla. Nel caso dell’Onu, abbiamo bisogno di migliorarla. Abbiamo bisogno di un approccio di sinistra per riformare e democratizzare l’Onu.
Naturalmente questo non significa che la sinistra debba sostenere tutte le decisioni del Palazzo di vetro. Ma un rafforzamento generale del ruolo dell’Onu nella risoluzione dei conflitti armati permetterebbe alla sinistra di ridurre al minimo l’importanza delle alleanze politico-militari e diminuire il numero delle vittime. (In un articolo precedente, ho scritto come le forze di pace dell’Onu avrebbero potuto aiutare a risolvere il conflitto del Donbass. Sfortunatamente, ormai questo articolo ha poco senso). Inoltre, avremmo bisogno delle Nazioni Unite anche per affrontare la questione del climate change e altri problemi globali. La ritrosia di molte persone di sinistra di tutto il mondo a rivolgersi all’Onu rappresenta un terribile errore.
Dopo che le truppe russe hanno invaso l’Ucraina, David Broder, editor di Jacobin Europa, ha scritto che la sinistra «non dovrebbe scusarsi per essersi opposta a un intervento militare statunitense» in Ucraina. Questa opzione non era nemmeno nei piani di Biden, come ha ripetuto più volte. Gran parte della sinistra occidentale dovrebbe onestamente ammettere di aver completamente sbagliato nel formulare il proprio giudizio rispetto alla “crisi ucraina”.
La mia prospettiva Concludo scrivendo brevemente di me stesso e del mio punto di vista. Negli ultimi otto anni, la guerra del Donbass è stata la questione principale che ha diviso la sinistra ucraina. Ognuno di noi ha formato la propria posizione sotto l’influenza dell’esperienza personale e di altri fattori. Per questo motivo, un altro ucraino di sinistra avrebbe potuto scrivere questo articolo in modo diverso.
Sono nato nel Donbass, ma in una famiglia ucraina e nazionalista. Mio padre è stato coinvolto nell’estrema destra negli anni 90, osservando la decadenza economica dell’Ucraina e l’arricchimento dell’ex leadership del Partito comunista, che ha combattuto dalla metà degli anni 80. Naturalmente, ha opinioni molto anti-russe, ma anche anti-americane. Ricordo ancora le sue parole l’11 settembre 2001. Mentre guardava in Tv il crollo delle Torri gemelle disse che i responsabili erano «eroi» (non la pensa più così, adesso crede che gli americani le abbiano fatte saltare in aria di proposito).
Quando nel 2014 è iniziata la guerra nel Donbass, mio padre si è unito al battaglione di estrema destra Aidar come volontario, mia madre è fuggita da Luhansk, e mio nonno e mia nonna sono rimasti nel loro villaggio che è caduto sotto il controllo della Repubblica popolare di Luhansk.
Mio nonno ha condannato la rivoluzione ucraina di Euromaidan. Sostiene Putin, che, dice, ha «ristabilito l’ordine in Russia». Tuttavia, cerchiamo tutti di continuare a parlare tra di noi (anche se non di politica) e di aiutarci a vicenda. Io cerco di essere comprensivo nei loro confronti. Dopo tutto, mio nonno e mia nonna hanno passato tutta la vita a lavorare in una fattoria collettiva. Mio padre era un operaio edile. La vita non è stata gentile con loro.
Interesse comune Gli eventi del 2014 – prima la rivoluzione e poi la guerra – mi hanno spinto nella direzione opposta alla maggior parte delle persone in Ucraina. La guerra ha ucciso il mio “spirito” nazionalista e mi ha spinto a sinistra. Voglio lottare per un futuro migliore per l’umanità, e non per la nazione. I miei genitori, con il loro trauma post-sovietico, non capiscono le mie opinioni socialiste. Mio padre è indulgente riguardo al mio “pacifismo” e abbiamo avuto una brutta conversazione dopo che mi sono presentato a una protesta antifascista con un cartello che chiedeva lo scioglimento del reggimento di estrema destra Azov.
Quando Volodymyr Zelensky è diventato presidente dell’Ucraina nella primavera del 2019, ho sperato che questo potesse impedire la catastrofe attuale. Dopo tutto, è difficile demonizzare un presidente russofono che ha vinto con un programma di pace per il Donbass e le cui battute erano popolari sia tra gli ucraini che tra i russi. Sfortunatamente, mi sbagliavo. Mentre la vittoria di Zelensky ha cambiato l’atteggiamento di molti russi verso l’Ucraina, questo non ha impedito la guerra.
Negli ultimi anni, ho scritto molti articoli sul processo di pace e sulle vittime civili di entrambe le parti in guerra nel Donbass. Ho cercato di promuovere il dialogo. Ma ora tutto questo è andato in fumo. Non ci sarà alcun compromesso. Putin può pianificare quello che vuole, ma anche se la Russia si impadronisce di Kiev e installa il suo governo di occupazione, noi resisteremo. La lotta durerà fino a quando la Russia non se ne andrà dall’Ucraina e pagherà per tutte le vittime e tutte le distruzioni.
Quindi le mie ultime parole sono rivolte al popolo russo: sbrigatevi a rovesciare il regime di Putin. È nel vostro interesse come nel nostro.
In un mondo governato dai media, dobbiamo ammettere che chi spende di più, in informazione ed in disinformazione, ha più chance di essere creduto. Così la propaganda russa continua a bombardare le menti degli ignari occidentali con chiacchiere, che non stanno ne in cielo e ne in terra.
Ma ci sono voci autorevoli, come quella giornalista russo Nevzorov, che è una testimonianza vivente dei problemi che ha l’informazione russa. Un professionista , che paga, sulla propria pelle, la brutalità di un regime opprimente.
Resto fermo nel sostenere, che, in una parte dell’occidente, soprattutto in Italia, continui a permanere un’idea romantica della Russia comunista. Ma la Russia non è più l’Unione Sovietica di un tempo e quell’epoca, comunista, tutto sommato, di romantico, non aveva proprio nulla.